Titolo originale: At One Thirty
Autore: Isabel Ostrander
Prima edizione: 1915
Edizione italiana: traduzione di Daniela Di Falco (Le Assassine – Collana: Vintage, 2019)
Presentazione dell’editore: Damon Gaunt è un detective cieco chiamato a indagare sulla morte di un ricco uomo d’affari, molto in vista nell’alta società newyorkese. La famiglia della vittima si rivolge a lui, infallibile nonostante la sua menomazione, perché non ha fiducia nella polizia e teme che un’indagine tirata troppo per le lunghe possa infangare il buon nome della famiglia. L’intreccio è costellato di aringhe rosse, un espediente usato nei gialli per depistare il lettore nella ricerca del colpevole. In questo romanzo, che risale a oltre cent’anni fa, la cecità del detective è un elemento centrale che permette di inscenare un paradosso: mostrare tutti i risvolti del fatto delittuoso con gli occhi di chi non può vedere, grazie all’affinamento degli altri sensi – tatto, udito e olfatto – e a una perspicacia fuori dal comune.
Edizioni Le Assassine continua con la meritoria opera di portare in Italia classici della narrativa poliziesca, risalenti a quando la detective fiction muoveva i suoi primi passi.
Stavolta tocca a Isabel Ostrander e al suo detective cieco, Damon Gaunt, nella New York di inizio secolo scorso.
Gaunt non è certo un esempio unico di personaggio che ha fatto di una menomazione fisica un punto di forza, e sicuramente abbiamo a che fare con un espediente narrativo molto efficace, inserito nel più tradizionali dei contesti da detective fiction: un ricco uomo d’affari, ucciso nel suo studio, in quello che all’apparenza è l’infausto esito di una rapina. In realtà, è tutto molto più complicato, anche perché c’è più di una persona interessata a far sì che si continui a credere alla mano di un estraneo…
Quello che potrebbe essere un pregevole “pezzo vintage” è purtroppo appesantito da due fattori: una buona dose di pedanteria e superflue sottotrame rosa.
Non è necessario che Gaunt dia prova delle sue capacità una pagina sì e una pagina no, mostrando di sapere ricavare da un suono o da un profumo più di quanto chiunque si aspetterebbe (una volta, due, tre al massimo sono più che sufficienti).
Riguardo il secondo punto, mi limito a dire che preferisco di gran lunga detective tutti d’un pezzo: non che Gaunt non sia più che corretto, ma le fascinazioni romantiche non fanno per me.
Per gli amanti dei gialli d’annata, ma soprattutto a fini bibliografici.