Titolo originale: Picnic at Hanging Rock
Autore: Joan Lindsay
Prima edizione: 1967
Edizione italiana: traduzione di Maria Vittoria Malvano (Sellerio Editore Palermo, 2000)
“Sebbene il giorno di San Valentino sia in genere dedicato allo scambio di regali e ad affari di cuore, sono trascorsi esattamente tredici anni da quel fatale sabato in cui un gruppo di circa venti allieve e due insegnanti partì dall’Appleyard College sulla strada di Bendigo per un picnic ad Hanging Rock. Una delle insegnanti e tre ragazze scomparvero nel pomeriggio. Solo una venne poi ritrovata. Hanging Rock è una struttura spettacolare di origine vulcanica che si eleva dalle pianure ai piedi del monte Macedon, di particolare interesse geologico per le sue uniche formazioni rocciose, tra le quali dei monoliti e buche e caverne presumibilmente senza fondo (…)
Si pensò a quell’epoca che le persone scomparse avessero tentato di scalare le pericolose scarpate vicino alla cima, dove probabilmente erano perite; ma se per incidente, suicidio o assassinio volontario, non è stato accertato, poiché le salme non vennero mai rinvenute”
Lasciando da parte le interpretazioni più spinte, in cui ci si sposta decisamente su un piano metafisico, o la metafora di una Natura tanto antica quanto inspiegabile, dai segreti impenetrabili, che alla fine riesce a prevalere sull’Invasore, l’Uomo Bianco portatore del fantomatico “progresso”, Picnic ad Hanging Rock ha uno dei suoi maggiori punti di forza nella capacità di delineare con cura un ecosistema a sé stante come quello del Collegio Appleyard: un rigido sistema basato sulla disciplina, dove ogni cosa sembra funzionare alla perfezione sotto l’attenta guida della direttrice, la signora Appleyard, colei che ha creato l’istituto partendo praticamente dal nulla, riuscendo in poco tempo a trasformarlo in un impresa di successo. Eppure, tutto è destinato a sgretolarsi in pochissimo tempo, a cadere come un castello di carte, a causa di un incidente che nessuno avrebbe mai potuto credere possibile. L’ostentata eccellenza è solo una parvenza esteriore e crolla in un attimo, non avendo solide basi su cui poggiare.
Probabilmente il ritratto della Direttrice è quello più forte e nitido in tutto il romanzo, così come quello della piccola Sara, solitaria, fragile antagonista che avrà la sua rivincita solo dopo aver abbandonato le miserie terrene (e anche qui: c’è l’intervento di qualcosa di sovrannaturale o è un più prosaico senso di colpa a far vacillare la signora Appleyard, decretandone la rovinosa fine?).
Altri personaggi sono poco più che apparizioni, come la tanto decantata Miranda, creatura non destinata ad appartenere a questo mondo, così spesso ricordata nelle parole degli altri, sebbene in realtà sia pochissimo sulla scena.
Miranda sembra permeare ogni cosa, nel Collegio e non solo, una presenza impalpabile eppure incredibilmente reale per chi l’ha conosciuta.
Sotto alcuni punti di vista, Picnic ad Hanging Rock può risultare quasi una sorta di romanzo corale: di volta in volta è il punto di vista di un personaggio a prevalere e a guidare gli eventi, anche se solo per poco; di contro, un’impostazione simile talvolta risulta dispersiva, concentrandosi su particolari che paiono di poco conto rispetto al nucleo centrale della narrazione; allo stesso tempo, però, ha un suo senso, volendo rappresentare le conseguenze di un fatto inatteso e inspiegabile che improvvisamente è entrato nella vita di molti, segnalandoli si, ma non per questo allontanandoli del tutto dallo loro vita e dalla loro quotidianità, almeno nella maggior parte dei casi.
Lo stile della Lindsay è piuttosto scarno, generalmente senza fronzoli o abbellimenti; occasionalmente fa sentire la sua presenza un narratore onnisciente d’altri tempi, che anticipa eventi e destini dei personaggi.
Non sempre funziona, non sempre soddisfa; talvolta dice troppo, talvolta troppo poco.
I capitoli migliori sono quelli contrassegnati da una forte suspence, come nella descrizione della scalata delle allieve su Hanging Rock (il lettore sa cosa accadrà, e per questo rimane con il fiato sospeso seguendo i passi delle ragazze) o nella ricostruzione dell’ultima sera di Sara, e da un’atmosfera di ineluttabilità e predestinazione che si respira in diversi passaggi (gli orologi che ad Hanging Rock si fermano tutti contemporaneamente a mezzogiorno, la vicenda di Miss Lumley, ma anche di Sara e della Signora Appleyard).
In conclusione, Picnic ad Hanging Rock è un libro che può attrarre un pubblico di lettori piuttosto trasversale (chi ricerca il mistero, chi è affascinato dal Mito e dalle tradizioni di terre lontane, chi viene intrigato dalla ricostruzione storica e sociale) e funziona proprio perché non c’è nessuna catarsi finale, nessuna spiegazione definitiva, e ciascuno può scegliere la “sua” soluzione per la catena di eventi nefasti innescata da un semplice picnic estivo. Non è un libro perfetto, ma vale la lettura.
P.S. Per chi vuole approfondimenti sul “vero” finale di Picnic ad Hanging Rock, consiglio l’ottimo articolo su Terre di Confine.